
La Tipografia Mucchi
Per raccontare la storia della tipografia Soliani Mucchi - oggi S.T.E.M. - ci vorrebbe un libro bello voluminoso perché le sue origini risalgono addirittura al 1600.

In oltre 300 anni questa istituzione della tipografia emiliana ha attraversato vicissitudini, traslochi, cambi societari e chissà quanti altri tranelli non trascritti nei libri di storia. L’antica marca tipografica non a caso raffigurava uno scoglio che resiste alla furia delle onde marine e recita il motto: “VIRTUTI FIDENS”.
Bartolomeo Soliani, libraio in Modena, iniziò l’attività di stampatore in Piazza Grande a Modena nel 1646. Stampava piccoli libri economici per il popolo, testi come: “Terribile, crudelissima, tremenda e sanguinosa guerra tra cani e gatti” di Antonio Michelassi ma anche testi scientifici e storici. Dalla Famiglia Soliani l’attività passò nel 1873 alla famiglia Mucchi con Adeodato, grande tipografo e imprenditore che cambiò il nome dell’attività in: Società Tipografica - Antica Tipografia Soliani, poi a Cesare, Riccardo, Adeodato II, a Enrico Mucchi che cambiò il nome in Enrico Mucchi Editore e infine a Marco Mucchi.

Dell’antico nucleo Soliani rimane traccia anche alla Galleria Estense di Modena grazie all’attività di Adolfo Venturi che nel 1887, quando il materiale tipografico seicentesco aveva già esaurito il suo utilizzo ed iniziava ad essere dismesso o abbandonato, decise di far acquisire alla biblioteca quasi 2600 matrici xilografiche provenienti non solo dalla tipografia Soliani ma anche da altre realtà del territorio. Venturi ebbe l’intuizione di proteggere non solo il materiale di valore artistico ma anche quelle matrici d’uso comune e commerciale in un’unico blocco d’archivio senza gerarchie d'importanza. Un intuizione vincente e moderna che in la Galleria ha ripetuto nel 1993 con l’acquisizione di una parte del materiale dell’Enrico Mucchi Editore. (Se siete curiosi potete cliccare sul sito della Galleria QUI.)

Quando lo stabilimento Mucchi Stem organizzò la dismissione del reparto stampa nel 2011 il nostro cacciatore di caratteri Luca Lattuga, fiero cittadino della provincia modenese stava sull’attenti in posizione recupero. Prima che i locali venissero chiusi partimmo in spedizione muniti di guanti da lavoro, scarpe anti-infortunistiche e felpa di pile da esploratori.
L'area stampa era già stata sgomberata ma al primo piano, nella sala riunioni, ci trovammo davanti ad uno spettacolo che difficilmente dimenticheremo:
La parete era completamente rivestita in caratteri in legno enormi.

Muniti di attrezzi e santa pazienza iniziammo l’opera di disallestimento, staccando una lettera alla volta. Ma le sorprese non erano finite. La parete impiallacciata con i caratteri era in compensato e veniva sostenuta da 4 vecchi mobili in legno. Questi mobili vennero scelti come sostegno della parete perché contenevano il materiale meno utilizzato nella tipografia degli anni '60, si trattava di fregi, cliché e caratteri stranieri e glottologici utilizzati per le edizioni con testi a fronte nel periodo ottocentesco.
Enrico Mucchi in quella occasione ci raccontò che alcuni dei caratteri in legno appesi alla parte in realtà non appartenevano all'originario nucleo della tipografia ma giunsero assieme ad una macchina pianocilindrica che l'azienda acquisì da una tipografia di Venezia specializzata nella stampa per i manifesti teatrali (compresi quelli de La Fenice).
La fattura dei mobili, il loro valore storico e il fatto che la Galleria Estense possedesse una buona parte della collezione di matrici e cliché della Tipografia Mucchi ci spinse a decidere di donare alla Galleria due dei quattro mobili rinvenuti i quali probabilmente contenevano ad inizio '900 i cliché attualmente conservati nel fondo organizzato da Venturi.
Con i caratteri rinvenuti nella tipografia qualche anno fa abbiamo realizzato un poster pubblicato per le nostre edizioni: “Juan nella foresta tipografica”. Lo potete trovare QUI!